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La parità di genere nel cinema

Nel corso della storia del cinema, le donne hanno dovuto affrontare molte sfide per ottenere il riconoscimento che meritano come professioniste nel settore. In passato, le donne erano spesso escluse dal processo creativo del cinema, considerate adatte solo per ruoli di attrici o di segretarie di produzione.

Tuttavia, alcune pioniere coraggiose hanno sfidato questa concezione e hanno aperto la strada per una maggiore partecipazione femminile nell’industria cinematografica.

Una di queste donne fu Alice Guy-Blaché, la prima regista donna nella storia del cinema. Guy-Blaché ha iniziato la sua carriera lavorando come segretaria presso la Gaumont Film Company a Parigi, dove ha iniziato a scrivere e dirigere i suoi primi film. A lei dedicherò un approfondimento per aiutarvi a conoscere la sua affascinante storia.

Un’altra delle prime registe che ha lasciato il segno fu Lois Weber:  è stata la prima donna ad aver diretto un lungometraggio negli Stati Uniti e ad aver girato molti film sviluppando temi di grande spessore sociale.

Nonostante questi importanti segnali, c’è da dire che ad oggi i dati riguardanti la partecipazione femminile nei ruoli apicali dell’industria cinematografica sono piuttosto inquietanti.

Secondo un rapporto del 2020 del Center for the Study of Women in Television and Film dell’Università di San Diego, solo il 16% dei registi, sceneggiatori, produttori, produttori esecutivi, editori e direttori della fotografia dei 100 film più visti del 2019 erano donne e la percentuale varia notevolmente a seconda del paese preso in considerazione. Ad esempio se nel Regno Unito la percentuale di donne registe è del 23% in Corea del Sud è solo dell’1%.

Questo dimostra che nonostante i progressi degli ultimi decenni, ci sono ancora molte, troppe disuguaglianze di genere nell’industria cinematografica.

DA COSA DIPENDE IL DIVARIO DI GENERE

Alla luce del fatto che i ruoli apicali sono prevalentemente di dominanza maschile, occorre chiedersi quali sono le reali motivazioni che spingono un uomo di potere a scegliere persone del suo stesso genere.

Una ragione può essere la persistente cultura patriarcale che ancora oggi ed in molte società, considera gli uomini naturalmente più adatti a ricoprire ruoli di leadership.

Potrebbero esserci ragioni psicologiche e di auto-selezione, in cui gli uomini tendono ad assumere altri uomini perché sono simili in termini di background, interessi e esperienze.

Ma anche una motivazione legata strettamente al potere ed al prestigio che deriva dall’attività cinematografica: gli uomini di potere amano mantenere lo status quo e non desiderano troppa concorrenza.

Questo si traduce in un maggiore controllo della produzione e distribuzione dei film e conseguentemente in una maggiore possibilità di guadagno economico e di più facile accesso al credito.

L’ASPETTO SOCIALE E CULTURALE

Questo fenomeno è però più importante di quanto non si pensi poiché non è “solamente” legato all’effetto diretto che questa discriminazione ha sul lavoro delle donne.

Qui la posta in gioco è molto più alta e riguarda l’influenza che una comunicazione sbilanciata e parziale ha nella vita delle masse e quindi sull’evoluzione sociale di tutte e tutti, nessuno escluso.

Dal punto di vista della narrazione, la mancanza di pari rappresentanza di genere può portare a una comunicazione distorta che riflette solo il punto di vista dominante: quello maschile.

Ciò può portare alla rappresentazione di personaggi femminili stereotipati, limitati e poco realistici, nonché alla mancanza di storie che esplorano l’esperienza femminile in modo significativo e autentico.

In sostanza, la narrazione alla quale assistiamo quotidianamente e della quale subiamo notevole influenza, non è che una simbolica metà della realtà. Questo implica la perdita di una serie di informazioni che potrebbero tornare utili alle generazioni di esseri umani che potrebbero impostare il loro futuro evolvendosi in un’esperienza di vita paritaria, più gratificante e libera da discriminazioni.

L’ASPETTO ARTISTICO

Occorre specificare che la mancanza di produttrici, autrici, scrittrici e registe in posizioni di potere non è solo una questione di giustizia sociale, ma anche di qualità artistica.

Quando ci sono più voci rappresentate nella narrazione, la gamma di storie raccontate diventa più ampia e variegata, il che può portare ad un pubblico più ampio e ad una maggiore accettazione e comprensione delle esperienze altrui.

Anche il fatto che molti dei film di maggior successo siano diretti da uomini e abbiano protagonisti “eroi” maschili (le attrici, pur talentuose sono solitamente relegate a ruoli secondari o di co-protagoniste) può influire sulla percezione che è veicolata nella società, attraverso l’industria cinematografica, del genere femminile.

Non a caso in tutte le professioni le donne spesso affrontano una maggiore pressione per dimostrare la propria capacità e talento rispetto agli uomini, il che può ostacolare la loro crescita e la loro carriera.

L’ASPETTO ECONOMICO

Il circolo vizioso è presto fatto. Le conseguenze ovviamente si manifestano in maniera esplicita anche sul piano economico dove si rileva una notevole differenza di trattamento riservato alle donne dell’industria cinematografica in generale.

A questo proposito occorre specificare che l’industria cinematografica è un’attività costosa e rischiosa e che gli studios ed i produttori spesso cercano di ridurre il rischio finanziario scegliendo registi affermati o sicuri di attirare il pubblico. Ovviamente i registi più noti, distribuiti, conosciuti sono quasi tutti uomini.

Le donne che desiderano produrre i loro film hanno quindi il doppio della difficoltà: intercettare finanziamenti necessari alla realizzazione dei loro progetti e distribuire capillarmente le loro opere in modo che possano essere “conosciute e riconosciute”. Tutto ciò ha anche la conseguenza che senza possedere ruoli decisionali, le donne difficilmente riescono a dare opportunità di lavoro ad altre professioniste.

Sempre dal punto di vista economico, assume rilevanza il fatto che la produzione di pellicole dirette da donne sia spesso meno “commerciale” e pertanto economicamente meno redditizia rispetto a quelle dirette da uomini.

Questione derivante da un gap economico in fase di produzione (minore disponibilità di risorse) ed in fase di distribuzione (minore promozione e diffusione del film)

L’aspetto economico ha pertanto portato alla sottovalutazione delle capacità e del talento delle donne registe.

LA CONCILIAZIONE

Cosa accadrebbe se il genere maschile decidesse quindi di mettersi in gioco, di fare squadra e di conoscere meglio il mondo femminile?

Inizierebbe una grande trasformazione sociale, una vera rivoluzione.

Potrebbero scoprirsi in grado di superare stereotipi e pregiudizi veicolati dai media nel corso degli anni. Potrebbero comprendere che il loro pensiero è stato influenzato proprio da quella rappresentazione non realistica e spesso irrispettosa della donna.

Potrebbero superare quella sensazione di vulnerabilità o di insicurezza nell’affrontare problemi e questioni tradizionalmente di appannaggio femminile.

L’apertura dell’uomo al mondo femminile potrebbe portare a molte conseguenze positive, come una maggiore comprensione e tolleranza, una migliore comunicazione e relazione non solo con le donne, ma con tutti.

Porterebbe ad un maggiore apprezzamento di prospettive ed idee differenti, alla nascita di collaborazioni e di opportunità di crescita reciproca.

Soprattutto l’uomo imparerebbe ad abbracciare le proprie emozioni e a sviluppare la sua parte più sensibile senza dover necessariamente reprimere questi aspetti della sua personalità.

Quindi se da un lato oggi si chiede agli uomini di essere pienamente consapevoli che il divario di genere danneggia anche e forse soprattutto loro stessi, limitandone l’espansione e la crescita evolutiva, dall’altro gli si chiede di essere alleati delle donne.

A iniziare dall’industria del cinema, che ha il potere di accelerare questa trasformazione sociale veicolando contenuti più equi e paritari.

Le donne di contro dovrebbero continuare a lottare per ottenere pari opportunità nell’industria cinematografica, denunciando le disuguaglianze ed il sessismo e sostenendo sempre le altre colleghe. Ad ogni occasione dovrebbero dare opportunità di lavoro ad altre donne e creare, raccontare, mettere in luce esperienze e tematiche con il fine ultimo di narrare l’altra “metà della mela”, quel sapere finora svilito, trascurato e peggio ancora dimenticato.

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